A Silvia, Giacomo Leopardi

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.:Zoro™:.
view post Posted on 22/11/2008, 11:59




A Silvia

Silvia, rimembri ancora Quando sovviemmi di cotanta speme,
quel tempo della tua vita mortale, un affetto mi preme
quando beltà splendea acerbo e sconsolato,
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tornami a doler di mia sventura.
e tu, lieta e pensosa, il limitare O natura, o natura,
di gioventù salivi? perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché di tanto
Sonavan le quiete inganni i figli tuoi?
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto, Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
allor che all’opre femminili intenta da chiuso morbo combattuta e vinta,
sedevi, assai contenta perivi, o tenerella. E non vedevi
di quel vago avvenir che in mente avevi. il fior degli anni tuoi;
Era il maggio odoroso: e tu solevi non ti molceva il core
così menare il giorno. la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
Io gli studi leggiardi né teco le compagne ai dì festivi
talor lasciando e le sudate carte, ragionavan d’amore.
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte, Anche perìa fra poco
d’in su i veroni del paterno ostello la speranza mia dolce: agli anni miei
porgea gli orecchi al suon della tua voce, anche negaro i fati
ed alla man veloce la giovinezza. Ahi come, che percorrea la faticosa tela. come passata sei,
Mirava il ciel sereno, cara compagna dell’età mia nova,
le vie dorate e gli orti, mia lacrimata speme!
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Questo è quel mondo? questi
Lingua mortal non dice i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
quel ch’io sentiva in seno. Onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia! All’apparir del vero
Quale allor ci apparia tu, misera, cadesti: e con la mano
la vita umana e il fato! La fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.






PARAFRASI
Silvia, ricordi ancora quel tempo della tua vita mortale, quando la bellezza splendeva nei tuoi occhi ridenti e fuggitivi e tu, lieta e preoccupata, stavi oltrepassando la soglia della gioventù per entrare nella giovinezza? Le stanze e le vie d’intorno risuonavano al tuo canto frequente quando, intenta ai lavori femminili, sedevi molto contenta di quell’avvenire vago che immaginavi. Era il maggio profumato e tu eri solita trascorrere il giorno in questo modo. Io lasciando talvolta gli studi piacevoli e impegnativi, nei quali si spendeva la parte migliore di me e la maggior parte del tempo, ascoltavo dal balcone della casa paterna la tua voce e guardavo la mano veloce che tesseva la tela. Io guardavo il cielo sereno, le vie dorate e gli orti rigogliosi e osservavo da un lato il mare lontano e dall’altro il monte vicino. Le parole non bastano per descrivere quello che io sentivo. Ricordi quanti pensieri dolci, speranze, sentimenti, o Silvia mia? Come ci appariva bella la vita e il destino! Quando mi ricordo di tanta speranza mi opprime il cuore questo sentimento aspro e sconsolato e torno a dolermi della mia vita sventurata. O natura, o natura, perché non dai in seguito quello che prometti prima ai tuoi figli? Tu, Silvia, prima che l’inverno rendesse arida l’erba, presa e vinta da una malattia interna, morivi, o tenerella e non vedevi la tua giovinezza; non ti addolciva il cuore la lode dolce ora dei capelli neri ora degli sguardi innamorati e schivi né le tue compagne hanno potuto parlare d’amore con te nei giorni di festa. Dopo poco è morta anche la mia dolce speranza: agli anni miei il destino non mi ha mai portato alla giovinezza. Come sei passata in fretta, mia speranza giovanile! Questo è quel mondo che io immaginavo? Questi sono gli amori e gli eventi su cui ragionammo insieme? Questo è il destino degli uomini? All’apparire della verità tu, speranza, cadesti e con la mano mostravi da lontano la morte ed una tomba spoglia e desolata.
 
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